Continuano le difficoltà di liquidità del Centro turistico del Gran Sasso. La Leitner ha presentato una ingiunzione di pagamento al Centro turistico del Gran Sasso per 1 milione 35 mila euro riguardanti le fatture che sono scadute il 31 marzo del 2019 relative agli interventi effettuati all’impianto delle Fontari (foto). «La società per azioni – ha riferito il consigliere di opposizione Giustino Masciocco – era convinta di poter onorare il pagamento delle fatture in quanto creditrice da parte della Regione di oltre un milione di euro relativo ad una misura Par-Fas. L’accredito delle somme da parte della Regione si fa attendere, dunque la Leitner stanca di pazientare ha intrapreso le vie legali». A seguito dell’intervento dei vertici della società e dell’amministrazione comunale la Leitner si è convinta a concedere una tregua rispetto al recupero del credito, disposta ad attendere fino al 31 luglio. «Entro quella data – ha riferito il consigliere Masciocco la Regione si è impegnata a versare quanto deve al Centro turistico per il Par-Fas. Auspico che la Regione onori la scadenza – ha proseguito Masciocco – evitando l’ennesima tegola sulla testa del Centro turistico. Si rischia il pignoramento degli impianti visto che nelle casse della Spa del Comune Non vi sono somme sufficienti. Il Centro turistico continua dunque a restare in apnea potendo contare soltanto sugli incassi e sui trasferimenti ordinari per il pagamento degli stipendi e per onorare i debiti verso i fornitori. Non si comprende peraltro quali siano le reali intenzioni dell’amministrazione comunale circa il futuro del Centro turistico. Certo è che un conto è parlare di uno scioglimento volontario; un altro è ipotizzare uno scenario di fallimento della stessa con l’obbligo di portare i libri in tribunale. Nel primo caso l’ingente patrimonio non subirebbe svendite; in caso di procedure concorsuali invece i beni sarebbero gestiti da un liquidatore che metterebbe in vendita i beni a prezzi molto bassi per consentire il pagamento dei fornitori. Certo qualcuno potrebbe sicuramente fare buoni affari. La città invece sarebbe espropriata di un bene comune, un valore costruito con le tasse dei contribuenti aquilani».