ROMA «È lo schema Siri-Arata», commentano con malcelata soddisfazione dalle parti di Luigi Di Maio. Sul caso Russia-Savoini-Lega si ripete dunque l'asse tra il capo dei 5 Stelle e quello del governo, Giuseppe Conte. Una «morsa» ai danni di Matteo Salvini, come capitò appunto per la vicenda che alla fine portò alle dimissioni del sottosegretario ai Trasporti del Carroccio, dopo l'arresto dell'imprenditore. Questa volta, però, il punto di caduta non è chiaro.
I 5 STELLE
Di sicuro Di Maio, dopo aver sfidato l'alleato sul voto anticipato («Se fa cadere il governo è un'ammissione di colpa») e praticamente avergli dato del «bugiardo» per le troppe versioni cambiate, cavalca la vicenda: «Quando il Parlamento chiama, il politico risponde, perché il Parlamento è sovrano», dice il leader M5S a proposito di Salvini, poco intenzionato a riferire in Aula sull'incontro al Metropol di Gianluca Savoini. Non solo: sempre Di Maio lancia «una commissione di inchiesta» sui finanziamenti che riguardi «tutti i partiti». Il capogruppo Stefano Patuanelli, come anticipato da Il Messaggero, inizierà a lavorarci già da questa settimana.
IL PRESIDENTE
Fin qui i grillini. «Noi ci fermiamo adesso, siamo già andati molto attacco, il resto lo sta facendo il presidente», spiegano dai vertici pentastellati. Già, proprio l' «avvocato del popolo» con una mossa a sorpresa, ha spiazzato Salvini. Dopo un sabato di indagini interne ha scaricato il vicepremier leghista con una nota fatta trapelare in nottata.
Palazzo Chigi ha spiegato i motivi per cui Gianluca Savoini ha partecipato al Forum Italia-Russia del 4 luglio, a Villa Madama a Roma. Il governo ha «precisato» quindi che l'invito di Savoini al Forum con Putin e Conte «è stato sollecitato» da Claudio D'Amico, consigliere del vicepresidente Salvini. Poi ha ribadito che «il presidente del Consiglio non conosce personalmente il signor Savoini» e che l'evento era organizzato dall'Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi). Chiamato in causa, anche l'istituto ha preso le distanze: «Neanche Ispi conosce Savoini (siamo in tanti) - ha scritto su Twitter il direttore Paolo Magri - Ma qualcuno può credere in buona fede che Ispi decida autonomamente chi invitare ad un ristretto bilaterale più cena di governo con Putin?».
Da Napoli sempre Conte è tornato sul caso: «L'ho già chiarito che ho fiducia nel mio ministro dell'Interno Salvini, ovviamente dobbiamo trasparenza e io per quanto mi riguarda l'ho resa nella massima forma e credo che la questione per quanto riguarda il ruolo della presidenza del Consiglio sia abbastanza definito».
Sempre Conte si spinge ancora più avanti sull'inchiesta che vede Savoini indagato per corruzione internazionale: «Spetta alla magistratura fare chiarezza nel corso delle indagini e quindi sarà offerta la possibilità di fornire tutti i chiarimenti possibili e immaginabili». Ed è proprio quel «dobbiamo trasparenza» che da Palazzo Chigi spingono come chiave di lettura per le prossime ore. Già da oggi infatti potrebbe esserci un vertice tra Conte e Salvini su tutta la vicenda. Un chiarimento tecnico che diventerà subito politico. Da parte dei vertici del Carroccio, dopo la nota sull'invito di Savoini alla cena con Putin, trapela una certa rabbia. E sono in diversi a ribadire un concetto non inedito: «Conte non è super partes». Sul ruolo di D'Amico a Palazzo Chigi Conte ributta la palla nel campo del vicepremier leghista: «Se allontanarlo o meno dallo staff - spiegano gli uomini vicini al premier - dovrà essere una decisione di Salvini. Non nostra». Anche se l'auspicio ovviamente è chiaro.
L'OPPOSIZIONE
Nel Pd, il primo a trarre conclusioni dal comunicato della presidenza del Consiglio è stato proprio l'ex premier Paolo Gentiloni, che ha chiesto le dimissioni di Salvini: «Chi dice falsità per coprire truffe e truffatori non può fare il ministro dell'Interno di un grande Paese democratico». Dunque si deve dimettere. Per il deputato dem Michele Anzaldi, «il Pd dovrebbe presentare subito una mozione di sfiducia». Il segretario del partito, Nicola Zingaretti, ha telefonato ai presidenti di Senato e Camera, Elisabetta Casellati e Roberto Fico, chiedendo che il governo venga chiamato a riferire alle Camere, perché «ci vuole trasparenza assoluta». Forza Italia difende, invece, Salvini: « Il governo va mandato a casa, ma con le armi della politica», dice Anna Maria Berni, capogruppo in Senato.
Ira di Matteo: pugnalato da Conte. E i suoi: rischio governo M5S-Pd
ROMA Matteo Salvini proprio non se l'aspettava. Quando l'altra notte è stato informato da suoi della smentita di Giuseppe Conte, quella con cui il premier ha sgretolato la linea difensiva scelta fino a quel momento dal leader leghista («Savoini non l'ho invitato io alla cena a Villa Mamada con Putin o nei viaggi a Mosca»), Salvini è sbottato con i suoi: «Capisco che Conte si sia voluto mettere a riparo, ma è evidente che mi ha colpito alle spalle».
La pugnalata del premier, che ieri sera è corso a rinnovare la «fiducia» a Salvini e a definire «doverosa» la sua smentita, non è la sola evidenza agli occhi del ministro dell'Interno. L'altra, altrettanto allarmante, è che si sta stringendo l'assedio per i presunti finanziamenti di Mosca alla Lega. Salvini è convinto che Conte, sconfessandolo, non si sia mosso da solo. Che ci sia Luigi Di Maio dietro la nota notturna di palazzo Chigi in cui è stato messo nero bianco il nome di Claudio D'Amico, consigliere di Salvini per le attività strategiche di rilievo internazionale. E dove è detto a chiare lettere che è stato proprio D'Amico a chiedere per conto del ministro dell'Interno la presenza di Gianluca Savoini alla cena di Villa Madama di giovedì 4 luglio.
Dall'entourage del leader leghista trapela la versione che quella di D'Amico «è stata un'iniziativa personale». E c'è chi non esclude, per rendere più convincente questa versione, che nelle prossime ore il consigliere venga allontanato.
Resta però il fatto che Salvini è ormai sotto assedio. L'attacco di Di Maio si fa sempre più duro. Il capo grillino lo spinge a farsi processare in Aula, come invoca il Pd: «Quando il Parlamento, il politico risponde». E accelera sulla commissione d'inchiesta sui finanziamenti ai partiti. Come se non bastasse, si fa più forte il coro (intonato da Paolo Gentiloni ed Enrico Letta), di chi gli chiede le dimissioni da ministro dell'Interno.
La linea ufficiale però è calma e gesso. Salvini viene descritto «tranquillo» e «concentrato» sul vertice di questa mattina al Viminale, dove incontrerà imprenditori e sindacati per preparare la legge di bilancio. Flat tax inclusa. «Io mi occupo di cose concrete che riguardano i cittadini, non di una vicenda che finirà nel nulla». L'altra indicazione: «Non rispondiamo alle provocazioni di Di Maio. Attendiamo con fiducia gli esiti dell'inchiesta, sperando che si faccia in fretta. Perché una cosa è certa: non abbiamo preso neppure un euro da nessuno, figurarsi dai russi».
Eppure, in barba alle indicazioni del leader, nella Lega montano la rabbia e il malumore. Contro Conte, «che poteva tranquillamente stare zitto, visto che non era nell'occhio del ciclone», come dice un alto dirigente del Carroccio. Contro Di Maio: «Quello è pazzo come tutti i grillini. Nel giustizialismo e nella caccia alle streghe ci sguazza: sembra che in aprile siano stati i funzionari del ministero dello Sviluppo, su ordine di Di Maio, a denunciare Siri per la vicenda Arata...».
Insieme alla rabbia, tra i leghisti cresce però anche l'allarme. Perché per la prima volta Salvini sembra aver perso il tocco magico e non appare più il Comandante invincibile: ha scelto di negare la presenza di Savoini nelle missioni a Mosca, sottovalutando la mole di documentazione fotografica ai tempi dei social dove le immagini di ogni evento finiscono on-line. E perché, sempre per la prima volta, Di Maio gioca la partita da una posizione di forza: «Siamo sicuri che i 5Stelle stiano aspettando il prossimo sondaggio», dice una alto dirigente del Carroccio, «e visto che già adesso stanno creando le condizioni per scaricarci, se la Lega dovesse risultare in calo potrebbero lanciare l'attacco finale. Non è affatto da escludere che siano loro ad aprire la crisi sulla questione morale, per poi fare un governo di unità nazionale con Pd e Forza Italia contro quelli che additerebbero come gli amici di Putin. C'è solo da sperare che sia Matteo a giocare d'anticipo aprendo la crisi, su un incidente sul decreto sicurezza bis o sulla flat tax».
L'ALLARME
Tra i leghisti c'è chi va anche oltre. C'è chi teme che il Russiagate abbia ribaltato i termini della partita giocata da Di Maio dal 26 maggio, quando ha preso la randellata elettorale (dal 32 al 17% in un anno) ed è corso a vestire i panni del signor sì pur di non andare alle elezioni e non perdere la metà dei parlamentari. Sospetto che trova conferma nell'entourage del leader 5Stelle: «Sanno tutti che probabilmente questo governo non durerà oltre la prossima primavera. Ebbene, Di Maio potrebbe anticipare i tempi e decidere di puntare alle elezioni sventolando la bandiera dell'onestà, contro il sovranista che ha perso credibilità: Salvini non difende gli interessi degli italiani, ma si fa gli affari suoi battendo cassa a Mosca. In più il Pd si troverebbe in una situazione del tutto marginale e ancora in fase di riorganizzazione. Insomma, non torneremmo a Roma con gli stessi parlamentari, ma sarebbero sempre di più di quanti ne avremmo se continuassimo a prendere ordini su Tav, autonomia, migranti, flat tax, etc».
La prossima mossa, si diceva, la decideranno i sondaggi.