ROMA Distanti in tutto, anche geograficamente, Giuseppe Conte, Matteo Salvini e Luigi Di Maio si preparano alla settimana che potrebbe segnare la crisi del governo. E l'incidente che potrebbe portare la Lega al ribaltone, questa volta, è il dossier sulle Autonomie, sul quale la pressione del Nord su Salvini è fortissima. Sul tema lo scontro tra i governatori leghisti e Conte è peraltro messo per iscritto. In una lettera pubblicata sul Corsera il premier dice «basta con gli insulti», rivendica il lavoro fatto e assicura che incontrerà i governatori. «Siamo feriti dalle parole di Conte, non firmiamo una farsa, vogliamo una vera Autonomia», replicano, con una dura lettera aperta, Attilio Fontana e Luca Zaia. Lettera della quale Conte, spiegano a Palazzo Chigi, prende atto registrando positivamente un cambio di toni che prelude ad una corretta interlocuzione istituzionale. I due governatori sanno che, nella loro offensiva a Conte, hanno Salvini dalla loro parte. «Chiedo formalmente, fin da subito, di procedere alla convocazione di tutte le Regioni», chiede il presidente della Regione Sicilia Nello Musumeci. Il leader leghista, intanto, non si sbottona. Il dossier Autonomia è spinoso anche per lui, chiamato a tenere l'equilibrio tra le ragioni del Nord e un Meridione che, da tempo, per la Lega è terra di conquista. Salvini, raccontano fonti a lui vicine, attenderà il vertice di domani pomeriggio a Palazzo Chigi prima di prendere una decisione sull'Autonomia. Certo, così come si va delineando, l'intesa non piace neanche a lui, soprattutto sul punto delle risorse finanziarie, che sarà sul tavolo delle riunioni convocate da Conte proprio domani. Il ministro dell'Interno prima di domani non sarà a Roma. Al momento, la crisi è tutt'altro che esclusa ma Salvini non ha ancora sciolto i suoi dubbi. I rapporti con Conte e Di Maio sono ai minimi termini, i contatti ridotti allo zero, gli eventuali incontri chiarificatori per ora solo annunciati. Del resto anche dalle parti di Palazzo Chigi quelle che sono definite come minacce di crisi a mezzo stampa, che arrivano un giorno sì e l'altro pure, cominciano a infastidire. «C'è un governo che, al di là delle minacce, lavora febbrilmente», fanno notare fonti governative ricordando l'agenda fittissima di riunioni che Conte ha avuto e avrà nei prossimi giorni, quando vedrà pure le parti sociali. Il governo, si sottolinea a Palazzo Chigi, per il premier va avanti perché ci sono tante cose da fare per l'Italia. E Di Maio? Prepara, raccontano fonti pentastellate, un'offensiva sul taglio dei parlamentari, riforma centrale che, secondo il Movimento, potrebbe essere tra i motivi non detti della volontà della Lega di rompere. Sull'Autonomia, per ora, il leader M5S non si esprime: nel Movimento si ribadisce come la riforma è nel contratto per i Cinque Stelle va fatta, ma bene, e la rivolta dei governatori non è altro che l'apertura di un fronte interno alla Lega. Tanto che le uniche riflessioni della giornata Di Maio le dedica al salario minimo, tema sul quale finisce sotto attacco della Lega. «Chi frena il provvedimento pugnala i lavoratori», avverte il vicepremier del Movimento 5 Stelle.