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Data: 28/07/2019
Testata giornalistica: Il Messaggero
La marcia dei No-Tav, sassaiole e bombe carta «Traditi da Grillo e M5S». Chiomonte, un gruppo sfonda la zona rossa. Mozione del Movimento a palazzo Madama: «Opera inutile e dannosa». Ma Salvini: «La faremo». Il grande imbarazzo dei 5Stelle, ora parte la guerra delle mozioni

CHIOMONTE Proveranno fino all'ultimo a rompere le recinzioni e ad entrare nel cuore de La Maddalena, il cantiere di Chiomonte per la Tav, il treno alta velocità Torino-Lione. Tagliando per i boschi, invadendo la zona rossa, sfondando con un flessibile la cancellata che blocca l'accesso all'area del cantiere dalle piccole frazioni di Giaglione. Il motto è sempre lo stesso e lo scandiranno per tutta la giornata: «Grida forte la Val di Susa che paura non ne ha, sulle barricate sventola la bandiera dei No Tav». Ma alla fine torneranno indietro, piegati dal blocco della polizia che, in tenuta antisommossa e con diverse unità della Digos, reparto Mobile, insieme alla guardia di finanza, creerà più di un blocco e tutti, alla fine, risulteranno inaccessibili. La folla viene respinta a suon di lacrimogeni.
Eppure, in questa parte di Italia dove la costruzione della linea ad alta velocità per collegare il Paese alla Francia ha spaccato violentemente l'opinione pubblica, dividendola in favorevoli e contrari, non sono mancati i momenti di tensione. Che, di fatto, hanno scandito l'intera giornata, iniziata pochi minuti dopo le 14, quando il corteo dei No-Tav è partito dal camping Alta Felicità di Venaus. Il culmine della protesta - nata dopo il sì del premier Conte all'opera - si raggiunge alle 19.40 quando alcuni manifestanti dai boschi di fronte al cantiere, non lontano dal fiume Clarea, iniziano a lanciare decine di bombe carta contro le autorità schierate (un agente della Digos viene lievemente ferito). Non è questo l'unico episodio. Mentre il corteo sfila sulle stradine impervie e pericolose - perché senza barriere sui burroni - delle frazioni di San Giuseppe e San Giovanni poco dopo il centro di Giaglione, un blocco incappucciato e a volto coperto prova a sfondare il primo ostacolo: un cancello che delimita la zona rossa. Parte un lancio di pietre e sassi contro la polizia che risponde esplodendo diversi fumogeni. Per venti minuti almeno è il caos anche perché la gente - diverse centinaia di persone - è bloccata sul sentiero Gallo - Romano, immersa nel fumo. Non può muoversi e rischia di cadere in un burrone. Poi l'agitazione si placa ma i No Tav continuano a marciare. L'obiettivo resta il cantiere del La Maddalena. «Questa terra è nostra, non ce la toccheranno, M5S e Grillo ci hanno traditi», dicono in tanti. «Il Movimento è colpevole - secondo il sindaco di Venaus, Avernino Di Croce - di aver promesso impegni per poi disattenderli, non si fanno scelte contro una popolazione». Che qui, nei 38 comuni che compongono l'unione di Susa - valle bassa e valle alta - ai tempi li aveva votati in massa i candidati pentastellati. E i delusi sono tanti. Oltre ai centri sociali, agli antagonisti, c'è stata gente che ieri è arrivata da tutta Italia: Ancona, Isernia, Roma, Milano, Firenze.
LE FRATTURE
Ma anche il Movimento vive momenti difficili: critico Alessandro Di Battista e agguerrito il gruppo M5s in Senato che presenta una mozione contro l'opera. Il Ministro dell'Interno, Matteo Salvini, al termine della giornata usa parole perentorie: «La Tav si farà, nessuna tolleranza per i teppisti». Fortunatamente ieri, nonostante la recrudescenza della protesta, non ci sono stati feriti. Ben diverso, invece, il conto elaborato dalla Questura di Torino sui chi dovrà ora rispondere, nelle sedi deputate, della violazione della zona rossa e dei danneggiamenti provocati - con martelli, estintori e cesoie - dai manifestanti. Le persone identificate e denunciate sono state 48 (quasi tutte dei centri sociali, dice Salvini). I più appartengono ad Askatasuna, il centro sociale del capoluogo Piemontese. Tra loro c'è anche il leader del gruppo, Andrea Bonadonna.

Il grande imbarazzo dei 5Stelle, ora parte la guerra delle mozioni

ROMA Non pervenuti. Beppe Grillo, per esempio, che si beccò 4 mesi per la violazione dei sigilli in Val Susa. Non c'è. Forse sta a Sant'Ilario, forse nella casa del mare di Marina di Bibbona o, chissà, in Sardegna. Nei giorni scorsi si è detto «molto scontento», dopo 24 ore di presunta ira, e poi via: è scomparso. Luca Carabetta, deputato governista e moderato ma che sul no alla Tav ha costruito la sua carriera politica («Bazzico quelle valli da quando avevo 15 anni», dice spesso in Transatlantico) ieri è stato avvistato nella Capitale: «Impegni pregressi...». E di casi così, nel giorno del Grande imbarazzo pentastellato, con la polizia che ha consigliato a tutti i grillini di ordine e grado di non farsi vedere alla manifestazione, ce ne sono tantissimi. Un altro è Danilo Toninelli. Il ministro delle Infrastrutture, che in molti anche tra i suoi vorrebbero dimissionario, dopo aver ribadito che la «Tav è un bidone» sembra voler rimuovere l'incubo. Venerdì ha detto che «è piuttosto stanco di parlarne». La sua posizione è nota, come direbbe D'Alema. E così ieri, nel giorno si è impegnato nell'esprimere «solidarietà e gli auguri di pronta guarigione ai sei militari della Capitaneria di Termoli feriti durante l'operazione Mare Sicuro».
Tutti assenti, ma fischiettanti con le mani in tasca per farsi notare il meno possibile. Laura Castelli, viceministro dell'Economia, nonché torinese di Collegno sempre al fianco di Alberto Perino in tutte le manifestazioni contro l'Alta velocità, è stata la prima un mesetto fa ad anticipare che forse «bisognava fare una riflessione». E ieri non c'era. In compenso ha rilanciato la sua intervista su una «local tax, che costi di meno e semplifichi la vita».
Non si è visto nemmeno il senatore Alberto Airola, che in mille dichiarazioni, aveva annunciato le dimissioni in caso di sì all'opera. E Alessandro Di Battista? L'ultima foto su Instagram è di 4 giorni fa a Tarquinia (Viterbo) mentre gioca a biliardino con il figlio. Ieri, a dire il vero, ha condiviso il post di Nicola Morra, presidente della commissione antimafia che in un post ha smontato la posizione del premier Conte sulla Tav: «Si può ancora fermarla». Il post di Morra è stato fatto proprio, per gli amanti del genere, anche da Carla Ruocco, presidente della commissione Finanze della Camera, e da Roberta Lombardi, storica primo capogruppo a Montecitorio, ora in Regione. E c'è già chi parla di corrente morriana.
IL DOCUMENTO
Luigi Di Maio, in Sardegna con la fidanzata Virginia, ha lanciato nel giorno della Grande rimozione la mozione che sarà discussa il 7 agosto in Senato. Ma la scelta di impegnare il Parlamento (non il governo) a bloccare l'opera dovrebbe tenere al riparo l'esecutivo. E soprattutto Toninelli dalle dimissioni che dal Pd a Forza Italia tutti richiedono a gran voce. La Lega non dovrebbe presentare altri documenti alternativi: «Al momento siamo per votare no e basta». Ma le opposizioni potrebbero non stare a guardare. Forza Italia e Pd stanno pensando a mozioni alternative per mettere in evidenza la spaccatura nella maggioranza e di fatto anche nel governo visto che il ministro dei Trasporti è contrario. Ma blindato: «Non apriamo il rimpasto, se non ce lo chiede Salvini», dice Di Maio. La strategia parlamentare è in corso d'opera. A preoccupare sono per ora gli effetti indiretti sulla Tav, come il rischio che una decina di senatori M5s che si opponga al decreto sicurezza bis mettendolo a rischio. Ma in soccorso del decreto salviniano, sono persuasi i leghisti, verrà il partito del non voto. Di sicuro con i numeri traballanti la questione di fiducia a Palazzo Madama potrebbe essere una mossa troppo azzardata. Ci si penserà da domani, dopo aver dimenticato il sabato del villaggio. Anzi della Valle.

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