Uno strappo che fa rumore e che colpisce lo stato maggiore del M5S: le dimissioni di Massimo Bugani dalla segreteria di Luigi Di Maio non avranno un'eccessiva risonanza in termini di consenso ma segnano una frattura nel cuore dell'universo pentastellato facendo intravedere il rischio di un assedio per il capo politico. Anche perché, annunciando le sue dimissioni al Fatto Quotidiano, Bugani mette per iscritto il suo dissenso rispetto alla strategia di Di Maio. E questa volta, a muovere le proprie critiche nei confronti del leader non è il «classico» ortodosso ma uno degli esponenti più vicini a Beppe Grillo e Davide Casaleggio. Bugani è uno dei triumviri che gestiscono l'Associazione Rousseau. E, sin dalle origini, è stato presente alle riunioni più ristrette, e delicate, del Movimento. Per questo il suo passo di lato non può che far rumore. Anche perché Bugani individua come casus belli uno dei nodi più complessi del M5S: il ruolo di Alessandro Di Battista. «Tutto è cominciato il 19 giugno con un'intervista in cui sostenevo che Di Maio e Di Battista fossero complementari e non alternativi », racconta il consigliere felsineo del M5s spiegando che, da allora, il rapporto con il vicepremier si è incrinato, salvo poi peggiorare quando Bugani ha usato parole molto dure contro il ministro Danilo Toninelli per il suo sì al passante di Bologna. «Mi hanno mandato un provvedimento con cui riducono il mio stipendio da 3.800 a 1.600 euro. Io non sono aggrappato ai contratti e allora ritengo doveroso dare anche le mie dimissioni», spiega Bugani. L'esponente M5s rilancia poi un frame del film «Ogni maledetta domenica». «Potrei dire che in politica se cedi un centimetro alla volta, poi ti ritrovi nei guai», è la parafrasi che Bugani fa di quel frame. E tra i primi ad applaudirlo c'è Di Battista, che dice: «sei un grande». Il rischio di un asse nella vecchia guardia, insomma, è tutt'altro che da escludere. Ed è un asse che vede un duplice nemico per il futuro del M5s: la Lega e l'atteggiamento troppo attendista del Movimento nei confronti di Salvini. Del resto, allo strappo di Bugani vanno sommate le frecciate del Grillo degli ultimi tempi e la sfida alla Lega che ha messo in campo il «Dibba». La settimana che separa il M5s dalla pausa estiva sarà sostanzialmente d'attesa. Di Maio, che ha passato una domenica al lavoro riunendo nei dintorni di Roma i suoi, in un breve video non cita né Bugani né Salvini e Di Battista del quale, tuttavia, negli ultimi giorni ha preso le difese in maniera più evidente. La strategia, per ora, resta quella di far da contraltare alla ridondanza di Salvini con provvedimenti concreti, un certo low profile e l'insistenza sulle battaglie di bandiera del Movimento. «Noi lavoriamo per dare risposte ai cittadini » è l’indiretta replica alle bollicine del Papeete. Ma la base e i gruppi parlamentari sono in fermento. Un primo chiarimento potrebbe esserci nella congiunta convocata per mercoledì anche se, complice la pausa estiva, non è detto che la riunione si faccia. La sensazione è che però, da settembre, Di Maio sarà chiamato a cambiare la sua strategia. Anche perché, spiega un parlamentare, «così il nostro elettorato è confuso, non sa se siamo più Di Maio o Di Battista». E, nel giorno del 41esimo compleanno del Dibba spiccano gli auguri di un'altra storica M5s, Paola Taverna. «Quanta incoscienza, quanta voglia di rivalsa e di cambiare le cose? Siamo partiti dal nulla e nei momenti difficili sei stato un pilastro per me», scrive la presidente del Senato su Facebook , dove, solo due giorni, ironizzava su Salvini. A testimonianza del fatto che, l'insofferenza del Movimento, senza una virata del leader, potrebbe deflagrare.