ROMA «Sapete qual è la differenza fra Italia e Spagna? Gli spagnoli sono quattro anni che votano in continuazione ma non riescono a formare un governo, gli italiani invece formano i governi e poi vanno a votare lo stesso». La battuta di un analista di una casa di sondaggi fotografa il paradosso italiano, ovvero quello di un quadro politico permanentemente fragile e quasi indipendente dai risultati elettorali visto che nella precedente legislatura il centro sinistra governava con l'appoggio di una parte degli eletti del centro-destra.
Del resto, nel giro di poco più di un anno i risultati elettorali delle politiche 2018 si sono capovolti. Il 4 marzo dello scorso anno vinsero i 5Stelle con oltre il 32% dei voti e la Lega raggiunse quota 17%. Alle europee di fine maggio la situazione si è capovolta: Lega al 34 e pentastellati al 17. In mezzo il Pd che dal 18 dell'anno scorso è risalito al 23%.
E se, per assurdo, si votasse a Ferragosto cosa succederebbe? Gli ultimi sondaggi danno la Lega in ulteriore salita intorno al 36%. Gli analisti non sono sorpresi perché siamo in presenza del cosiddetto effetto band wagon, ovvero la salita sul carro del vincitore di una parte dell'elettorato che accade in tutti i Paesi del mondo, non solo da noi.
Il band wagon - sempre ammesso che i sondaggi rispecchino l'effettivo orientamento dell'elettorato - mette la Lega in una posizione di forza. Infatti l'attuale legge elettorale, che è al 66% proporzionale e per un terzo maggioritaria, consente ad un partito o a una coalizione di assicurarsi la maggioranza dei parlamentari nelle due Camere se raggiunge il 38/40% dei consensi. La Lega da sola non è lontana da questa soglia.
IL GIOCO DELLE PREVISIONIPotrebbe superarla se formasse una coalizione con i Fratelli d'Italia di Giorgia Meloni che sono accredidati di circa il 6% dei consensi. Se poi invece dovesse riformarsi la coalizione di centro-destra che si presentò nel 2018 con la triade Lega-Forza Italia- Fratelli d'Italia quasi non ci sarebbe storia visto che i sondaggi la accreditano di oltre il 50% dei consensi che si trasformerebbero in almeno il 60% dei parlamentari perché i circa 200 seggi della camera e i 100 del senato assegnati con il maggioritario andrebbero in larga parte al centro-destra. Sempre ammesso, è bene ripeterlo, che gli italiani non mutino fra qualche settimana la fotografia scattata oggi dai sondaggisti.
Per gli altri partiti al momento c'è poco da scrivere. I 5Stelle oscillano intorno al 17% già raccolto alle europee e quasi tutto concentrato nel Sud. Un po' più vivace ma non troppo il fronte del centro sinistra che vede - sempre stando ai sondaggi odierni - il Pd stabilmente al secondo posto ma staccato dalla Lega di una dozzina di punti o giù di lì. E' possibile che in caso di elezioni i Dem di presentino in coalizione con formazioni minori come +Europa e i Verdi che comunque assieme sono valutate sul 5% dei consensi. Converrà ricordare che secono l'attuale legge elettorale le liste in coalizione che non raggiungono il 3% dei voti ma superano l'1% girano i propri voti agli alleati.
C'è un altro elemento che probabilmente è destinato a giocare un ruolo nell'evoluzione della crisi: il disegno di legge costituzionale di taglio dei parlamentari fortemente voluto. Questo progetto che doveva essere varato a settembre prevede che i deputati scendano da 630 a 400 e i senatori da 315 a 200. Se non venisse cambiata la legge elettorale gli effetti di questo intervento sarebbero paradossali specialmente per il Senato. I senatori vengono eletti su base regionale. Questo significa che ad esempio nel Lazio nella parte proporzionale i senatori verrbbero assegnati solo ai partiti con oltre il 9% dei voti. Dunque - sempre in linea teorica sulla base dei risultati delle europee - solo a Pd, Lega e 5Stelle. Questi ultimi verrebbero esclusi da molte Regioni dove la soglia d'accesso alla distribuzione dei salirebbe anche al 15%. Risultato? Difficilmente il taglio dei parlamentari vedrà mai la luce