E Fausto Bertinotti si propone candidato premier per la Cosa Rossa
ROMA. Sarà il momento della verità. Questa mattina il presidente del Senato Franco Marini concluderà le sue consultazioni incontrando Gianfranco Fini, Walter Veltroni, ma soprattutto il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi, che ha confermato l'appuntamento nonostante il lutto che lo ha colpito con la morte della madre. Sarà il faccia a faccia che deciderà le sorti del tentativo di Marini di risolvere la crisi di governo: il presidente incaricato dovrà cercare di vincere le resistenze di Berlusconi ad appoggiare un nuovo governo finalizzato ad approvare una nuova legge elettorale.
Tornato per un giorno di pausa nella sua L'Aquila, Marini si è detto «ottimista»; ma nulla lascia immaginare scenari diversi dal fallimento del tentativo affidatogli da Napolitano. Chi ha parlato con Marini assicura che vuole giocarsi la partita fino all'ultimo minuto: i contatti informali con l'ambasciatore del Cavaliere Gianni Letta sono proseguiti anche ieri. Se però il leader di Forza Italia sarà irremovibile, Marini non avrebbe altro da fare che tornare al Quirinale.
La linea di Forza Italia non si è spostata di un millimetro rispetto al «niet» dei giorni scorsi. «Noi siamo in linea con quello che chiede la gente: bisogna tornare alle urne per dar vita a un governo efficiente, serio e concreto», ribadisce ancora una volta il portavoce di Berlusconi Paolo Bonaiuti. Insomma, nel centrodestra le elezioni sono date ormai per scontate. Tanto che il leghista Roberto Calderoli propone di festeggiare il 6 febbraio, «giorno del probabile scioglimento delle Camere»; e anche il segretario Udc Lorenzo Cesa avverte che «il tempo è ormai scaduto».
Ma non tutti sono convinti che l'attuale opposizione vincerà in modo plebiscitario. E qui si apre il capitolo su quello che potrebbe accadere dopo il voto. Il leader di An Gianfranco Fini, dopo aver preannunciato che chiederà a Marini di rinunciare all'incarico, fa esercizio di realismo: «Le elezioni non saranno una passeggiata», dice a Udine. Fini si spinge a dire che «nessuno può essere sicuro di vincere le elezioni», anche se ritiene il centrodestra meglio piazzato in quanto avrebbe una «maggiore omogeneità» rispetto al centrosinistra. «Il vero problema - osserva - comincerà il giorno dopo la vittoria». Non a caso Fini rilancia l'idea di una legislatura costituente per mettere mano alle riforme. Una proposta analoga viene dal leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini. La sua analisi è che le elezioni «nessuno è in grado di stravincerle». Ci sarà un'affermazione contenuta di una delle due coalizioni, come sempre più spesso nei paesi europei, «dove a due mesi dalle elezioni uno dei poli è in vantaggio di 10-12 punti, ma più si avvicina il voto più quel margine si assottiglia». E dunque «ci vorrà una legislatura costituente»; l'idea di Casini è quella di un accordo bipartisan, che parta già durante la campagna elettorale, che lui auspica si svolga «senza fuochi d'artificio».
A sinistra quasi nessuno si sbilancia sul successo di Marini. Il massimo della fiducia viene dal numero due del Pd Dario Franceschini, secondo il quale «il tentativo del presidente del Senato non è ancora finito». Anche Fausto Bertinotti pensa alle elezioni e si candida come candidato premier per la Cosa Rossa. «Immagino che Marini faccia appello all'ottimismo della volontà», osserva citando Gramsci: Bertinotti non lo dice, ma è chiaro che preferisce considerare la situazione con il «pessimismo dell'intelligenza» e dare per scontate le prossime elezioni.