Roma. - Nella nuova era della concorrenza non poteva mancare un freno agli appalti in house e allo strapotere delle aziende, pubbliche locali che agiscono fuori delle regole del mercato. Su questo terreno il Governo ha deciso di intervenire sia con il decreto legge, sia con un disegno di legge ad hoc che punta a frenare gli affidamenti di servizi pubblici senza una gara pubblica. Partiamo dal decreto legge, che contiene un articolo intitolato «Norme per la riduzione dei costi degli apparati pubblici regionali e locali e a tutela della concorrenza». La proposta arriva da Linda Lanzillotta, ministro agli Affari regionali e sostenitrice da tempo della necessità di imporre paletti in favore della concorrenza nella legislazione sui servizi locali. La norma varata ieri con il decreto legge impone da subito un obbligo per le cosiddette aziende strumentali di proprietà di enti locali (o anche miste): non potranno operare per soggetti pubblici o privati diversi dall'ente locale proprietario o azionista. O, se si preferisce, la norma impone un divieto di extraterritorialità: a svolgere, cioè, «prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, nè in affidamento diretto nè con gara». Il divieto è esteso anche a forme di partecipazione ad altre società o enti. Si tratta, per fare qualche esempio, di società di servizi informatici o di società di ingegneria e di progettazione costituite da enti locali per rispondere alle esigenze dirette dell'ente locale. Per questo si definiscono in origine strumentali: dovrebbero soddisfare esigenze specifiche di quell'amministrazione. Poi, però, dal mercato protetto queste società sconfinano frequentemente su altri mercati, avvalendosi ancora del privilegio della protezione pubblica (per esempio mediante convenzioni fra enti locali) o anche partecipando alle libere competizioni su mercati concorrenziali. In futuro le società strumentali, che possono accedere ad appalti in house senza gara da parte dell'ente proprietario, dovrnno avere un oggetto sociale esclusivo: servire il proprio Ente locale. Inoltre, i contratti che dovessero violare il divieto di extraterritorialità risulterebbe automaticamente nulli per disposizione di legge. E' previsto un periodo transitorio che consentirà agli enti locali proprietari di valorizzare queste società senza che la nuova disciplina produca l'effetto di una perdita del valore di queste aziende. Le società avranno infatti dodici mesi per cessare le attività extraterritoriali vietate e potranno, entro questo termine, cedere le attività precluse a terzi (si suppone con una cessione di contratti) oppure scorporarle," anche costituendo un'apposita società che potrà essere poi privatizzata. Il disegno di legge prevede invece una delega al Governo per riscrivere la disciplina dell'affidamento dei servizi pubblici locali in chiave concorrenziale. «La gara diventerà la regola generale - dice Lanzillotta - mentre gli appalti in house dovranno costituire casi eccezionali. Ci sarà, in particolare, per le amministrazioni un obbligo di adeguata dimostrazione della convenienza economica a operare mediante un appalto in house oppure di impossibilita a fare ricorso alla gara». Un aspetto interessante delle norme contenute nel disegno di legge è che questa dimostrazione di convenienza economica dell'appalto in house potrà essere sindacata dalle autorità di regolazione di settore. Il disegno di legge, prevedendo una delega, si limiterà a porre alcuni criteri sulla base dei quali il Governo potrà poi emanare la disciplina. Questo evidentemente dopo che il Ddl avrà superato l'iter parlamentare che lo attende. Queste norme non sono, dunque, operative al contrario di quelle sull'extraterritorialità. E' evidente, per altro, che la norma contenuta nel decreto legge e il disegno di legge si muovono nella stessa direzione di limitare gli appalti in house, frenare l'espansione extraterritoriale delle aziende pubbliche, imporre, almeno in via di principio, la gara come regola generale per l'affidamento dei servizi pubblici locali. Da questo schema innovativo resta fuori la gestione delle risorse idriche, in coerenza con il programma dell'Unione che considera l'acqua un bene pubblico da tutelare con gestioni pubbliche, con un'inversione di marcia rispetto ai tredici anni di legge Galli. |