Data: 19/07/2006
Testata giornalistica: Corriere della Sera
«Ha vinto la piazza. Ora come difendo la Tav?» Bresso: troppo potere alle minoranze rumorose, così liberalizzare diventa difficile

MILANO - «Se chi urla più forte porta a casa il risultato, allora bisogna attrezzarsi e gridare ancor di più per non permettere alle minoranze organizzate di avere la meglio sull'interesse di tutti, come spesso purtroppo accade in questo Paese...». Non le ha prese bene, la diessina Mercedes Bresso, presidente della Regione Piemonte, «le concessioni» del ministro dello Sviluppo, Pierluigi Bersani, ai tassisti. Lei che si prepara a gestire la corsa a ostacoli della Tav, e a fare ben presto i conti con la protesta delle minoranze organizzate e con le pressioni degli interessi corporativi, adesso si chiede «se e quanto sarà ancora possibile resistere». Allora, Bersani ha fatto il passo indietro?
«Non posso discutere sul merito, che non conosco con precisione, dell'accordo raggiunto con i tassisti. Ma quello che abbiamo visto, ahimè, ha l'aria di uno "stop". Una frenata proprio sul conflitto più forte che c'è stato finora sul decreto delle liberalizzazioni.
Fatto salvo che da parte del ministro può anche essere stato sensato accogliere alcune osservazioni, mi auguro davvero che si sia trattato di un escamotage nella trattativa e che, nella sostanza, il provvedimento non sia stato cambiato».
In caso contrario?
«La preoccupazione è forte. Anche perché qui siamo solo all' "antipasto" delle liberalizzazioni, c'è ancora molto da fare per liberarci da una quantità di vincoli che costano ai cittadini e impediscono al Paese di diventare competitivo. Far crescere i servizi, non dimentichiamolo, vuol dire far crescere l'economia. E chi vuole difendere il bene di tutti non può cedere ai pochi che fanno la voce grossa. E che voce grossa poi: i tassisti hanno minacciato l'apocalisse, creato enormi disagi e persino menato un cronista...insomma, una condotta più ferma sarebbe stata preferibile»
Cosa avrebbe dovuto fare il governo?
«L'esito dei primi scontri sono quelli che danno la misura della forza propositiva del disegno riformatore. Un progetto che non ha come obiettivo quello di colpire questa o quella categoria, ma di far ripartire l'Italia.
E se vuoi difendere i diritti dei cittadini e dei consumatori - iniziativa tra l'altro così inusuale nel nostro Paese da esser stata accolta con una simpatia e con un entusiasmo straordinari - tocchi inevitabilmente gli interessi dei gruppi organizzati ma devi metterti in condizioni di poter resistere. Di più, devi tirare dritto. Così mostri di essere un governo "fermo" e coerente. E in grado di chiedere e far comprendere quei sacrifici che sappiamo saranno contenuti nella Finanziaria. Non puoi dare il segnale che il progetto di riforma sia attaccabile».
Teme che il «precedente» minacci l'esito della conferenza dei servizi sull'Alta Velocità?
«Sono preoccupata. Non sono io che devo fare la Tav, è il governo. Da parte mia dico sì al confronto democratico, va bene ascoltare, accogliere e modificare. Ma una volta definito il percorso, indietro non si torna più. Ogni volta fatto un passo, bisogna andare avanti. C'è da stare molto attenti ai cedimenti, anche i più piccoli: l'effetto rischia di essere quello dei castelli di carta. Se ne tocca uno e crolla tutto».

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