Data: 21/07/2006
Testata giornalistica: La Stampa
L'amico Cofferati «Il fuoco amico contro Pierluigi Bersani è roba da matti, da autolesionisti»

ROMA. È un vero fiume in piena, Sergio Cofferati. Il sindaco di Bologna è sconcertato per il «fuoco amico» che ha colpito il ministro dello Sviluppo economico Pierluigi Bersani, accusato da molti colleghi della Margherita (ma anche da una discreta fetta di diessini) di «aver ceduto» ai tassisti, di «aver fatto tutto da solo». «È un clamoroso autogol!» tuona il Cinese. «Bersani ha fatto una cosa buona - sintetizza l'ex leader della Cgil - portando a casa un provvedimento delicatissimo che contiene molte novità importanti. E invece, in un colpo solo, il governo riesce con un'operazione suicida a cancellare questo risultato inseguito da anni, a dare l'impressione di una divisione nell'Esecutivo e nella maggioranza, a dimostrare che non c'è neanche un po' di solidarietà nel governo. Roba da matti: gli chiedono di fare concertazione, lui la fa, e lo attaccano. Allora, a settembre, quando il ministro Padoa-Schioppa presenterà gli annunciati tagli sulla sanità e le pensioni, che combineranno? È autolesionismo allo stato puro».

Con chi ce l'ha, sindaco?
«Penso a tanti autorevoli esponenti del centrosinistra. Come ad esempio il presidente del Piemonte Mercedes Bresso che ha rilasciato un'intervista stupefacente: dice di non conoscere il merito dell'intesa sui taxi, e poi spiega che Bersani ha ceduto a una minoranza rumorosa...»

E non è stato un cedimento?
«Ma si leggano i contenuti del provvedimento, questi critici. Il decreto è cambiato, ma in alcuni punti i cambiamenti rendono più efficace l'azione del governo e dei Comuni per migliorare il servizio. Alcune delle novità, come quella che permette di ricorrere a licenze per i periodi di picchi di domanda, sono un grande fattore di flessibilità a disposizione dei sindaci. Avremo più possibilità di manovra, e meno contenzioso. E i cittadini, più taxi».

Sindaco, ma allora che succede nel centrosinistra? Si sono convinti da soli di aver perduto la partita con i tassisti, che la strada delle liberalizzazioni sia già chiusa?
«Spero proprio di no. Io noto che, concluso il confronto, i tassisti sono usciti esultando e gridando di aver "vinto", come peraltro scritto a pagina due del "manuale del sindacalista". E mezzo centrosinistra ci ha creduto prima ancora di leggere il provvedimento. La mia opinione è che il pacchetto Bersani abbia il grande merito di affrontare organicamente problemi annosi, e che alcune delle recenti correzioni siano addirittura migliorative. Laddove, come nel caso dei taxi, si sono recepite le opinioni dei diretti interessati su alcuni punti, alla fine l'impianto del provvedimento ne viene rafforzato. Il fatto è che Bersani, paradossalmente, paga per aver mostrato senso di responsabilità. Il conflitto ha un prezzo; chi avrebbe preferito lo scontro frontale, se l'è dimenticato».

Ma non si poteva ottenere di più dai tassisti, con una posizione più rigida?
«Sono convinto che la loro resistenza sarebbe crollata. Ma discutendo, si è raggiunta una soluzione di sintesi, di consenso, che ha evitato ulteriore conflitto senza intaccare l'efficacia della riforma. Con lo scontro, non solo questi risultati sarebbero stati a rischio, ma si sarebbero ridotte le chances di successo delle prossime mosse riformatrici del governo».

Dunque, dovranno essere ascoltati anche farmacisti, notai, panificatori, assicurazioni...
«Sentirli, si deve. Si può farlo in tempi stretti, se si vuole, e se il confronto non è un trucco per perdere tempo».

Perché dice che Bersani ha pagato per il suo senso di responsabilità?
«Perché gli sarebbe bastato, a trattativa conclusa, uscire e dichiarare "abbiamo vinto su tutta la linea, abbiamo schiacciato i tassisti". Forse avrebbe gratificato qualche esponente del centrosinistra, e avrebbe messo in croce i rappresentanti dei tassisti. Al contrario, ha dato dell'intesa un giudizio equilibrato, come è giusto quando si conclude un confronto difficile. Gli accordi sono efficaci non quando si vince, ma quando si trova il giusto punto di equilibrio tra opinioni diverse».

Eppure, un po' in tutto il popolo del centrosinistra c'è delusione per aver negoziato con una controparte che poco ha fatto per rendersi simpatica, come i tassisti, il loro atteggiamento violento e i saluti romani...
«Io dico che le nuove regole per il mercato sono indispensabili, a maggior ragione in Italia. Bisogna procedere con determinazione su questa strada, con quanto più consenso si può, passo dopo passo; con gradualità, ma senza incertezze. Per questo è assurdo che il centrosinistra butti alle ortiche un risultato per niente scontato, e soprattutto positivo. Che invece dovrebbe rivendicare come una dimostrata capacità di governare nel consenso».

Sindaco, lei ha una certa esperienze di lotte e proteste sindacali. Da «professionista», che giudizio dà sui tassisti?
«Lasciamo perdere i professionisti e i dilettanti... Secondo me, per come hanno presentato e sostenuto le loro posizioni, i tassisti si sono danneggiati da soli. Per risollevare la loro immagine, molte delle loro associazioni dovranno cambiare atteggiamento».

Certo che le proteste - in generale - assumono sempre più spesso forme «estreme».
«Il problema è che in una società complessa, in cui la rappresentanza degli interessi è variegatissima, servono regole. Regole - condivise - per definire chi rappresenta chi, per stabilire come si esercita il diritto di sciopero (soprattutto quando si tratta di mobilità, o di servizi pubblici), per mediare i conflitti che fisiologicamente emergono. Altrimenti, il risultato è scontato: caos, frammentazione».

Insomma, anche ai tassisti e ai professionisti servirebbe un buon sindacato?
«Una buona rappresentanza sindacale serve sempre. Insieme a buone regole».

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