ROMA - "Avete visto? Ve l'avevo detto io...". Neanche citava l'oggetto del contendere. Non diceva mai esplicitamente a cosa si stesse riferendo. Non serviva. Quando, sul finire del consiglio dei ministri, Tommaso Padoa-Schioppa ha iniziato a sventolare un bigliettino con l'annuncio di Standard and Poor's e di Fitch sul declassamento del nostro debito pubblico, tutti hanno capito. "Vi avevo detto che dovevamo essere rigorosi", incalzava il ministro dell'Economia. Nessuno ribatteva.
Nella sala che ospita le riunioni di governo al primo piano di Palazzo Chigi il brusio si è improvvisamente fermato. "Ve l'avevo detto io", ripeteva il ministro. E già, perché la decisione delle due agenzie di rating in parte era stata messa nel conto. Ma per il Tesoro è stata la prova che il vessillo della severità contabile era indispensabile. "Ci tengono sotto controllo - ha proseguito il titolare del Tesoro - era evidente. E io vi avevo detto che bisognava fare dei tagli". La breve relazione di Padoa-Schioppa è stata ascoltata nel silenzio generale. Qualche smorfia, qualche volto tirato. Ma nessuno ha osato interromperlo, come nei momenti più gravi. "Io me lo aspettavo, sapevo che c'era questo rischio. Ma abbiamo la possibilità di invertire la situazione. A volte, queste agenzie arrivano in ritardo. Danno brutti voti quando la situazione è in miglioramento e magari buoni voti quando sta peggiorando".
L'unico che riusciva a rompere il ghiaccio interloquendo con il "supertecnico" era Romano Prodi. Scandiva ogni pausa del suo ministro con un "è ovvio" che ne rafforzava l'analisi. Ma nonostante la tranquillità mostrata davanti alla squadra di governo, sia a Palazzo Chigi sia a Via XX Settembre, il taglio del rating è stato accolto con apprensione. In primo luogo per gli effetti che da subito sortirà sui tassi di interessi del debito pubblico. Ma soprattutto per i riflessi politici che a partire da gennaio potrà avere nei rapporti con l'ala radicale della coalizione, Rifondazione in testa.
Perché l'invito di Fitch e Standard and Poor's ad affondare il bisturi nella spesa strutturale, mette a rischio il delicato equilibrio raggiunto con gli alleati su questo terreno. Un pericolo che il premier ha ben presente e che non ha nascosto con i fedelissimi. "Non dobbiamo farci intimidire, era scontato che ci fosse una cosa del genere dopo 5 anni di Berlusconi - ha quasi esortato i suoi -, ma dobbiamo andare avanti per la nostra strada. Sapendo quali sono le compatibilità del Paese e della coalizione".
Che il declassamento abbia colpito l'esecutivo, comunque, lo ha confermato ancora il ministro dell'Economia nel corso dell'incontro di ieri sera con le delegazioni dei commercianti e degli artigiani saliti a Palazzo Chigi per discutere sul trasferimento del Tfr all'Inps. "La manovra - ha ammonito - si muove in un ambito di rigidità: la situazione è quella che è.
Adesso c'è anche questo declassamento che per me è ingiustificato perché con la Finanziaria abbiamo pienamente rispettato i parametri europei. Siamo rammaricati, lo siamo soprattutto perché questo annuncio è arrivato oggi mentre stiamo per chiudere un'intesa sul Tfr". Un accordo che a Palazzo Chigi considerano fondamentale per instaurare un "nuovo clima di fiducia" e per dare visibilità anche alle misure sul cuneo fiscale. E che in una certa misura esce così mediaticamente appannato. "Nel giro di qualche mese però - ha rassicurato il sottosegretario alla presidenza del consiglio, Enrico Letta, davanti a Confcommercio, Confartigianato e alle altre confederazioni - siamo sicuri che la manovra porterà dei frutti tangibili, anche sul giudizio delle agenzie di rating".
Ma l'eventualità che i tassi di interesse si alzino resta. Al Tesoro, per il momento, sono sicuri di poter circoscrivere gli effetti sul debito pubblico. Nel breve periodo l'impatto non sarà elevato e comunque "non ci saranno ripercussioni sulla Finanziaria". Altra cosa, invece, è il capitolo "politico" connesso agli interventi strutturali. A cominciare dalla partita delle pensioni che partirà a gennaio. In questi cinque mesi, il Professore e l'ex Banchiere europeo si sono mossi lungo una direttrice che riusciva a mediare le esigenze della sinistra e quelle dei mercati internazionali. Una strada che ora potrebbe presentarsi più dissestata.
Non è un caso che Franco Giordano, il segretario del Prc, abbia già iniziato a mettere le mani avanti. Va giù duro contro le agenzie di rating e mette in guardia il presidente del consiglio. "Non dobbiamo farci condizionare da queste cose. La linea deve rimanere quella seguita in questi mesi, bisogna avere la forza di tenere la barra dritta lì dove si trova ora". Anche perché, è il suo avvertimento, "se qualcuno pensa di tagliare pesantemente le pensioni o altro del genere, allora sappia che si deve trovare un altro governo. Noi non ci stiamo". Eppure, nell'agenda 2007 dell'Unione è già sottolineata con la matita rossa l'avvio della discussione sulla riforma previdenziale. Uno dei passi reclamati da Fitch e Standard and Poor's. |