Il ministro di Rifondazione comunista. Ossia Paolo Ferrero che dirige la Solidarietà sociale, pensa che «quei fischi degli operai di Mirafiori sono stati indirizzati ai leader sindacali solo perché lì c'erano loro. Ma se ci fossi stato io, avrebbero fischiato me. Sono fischi al governo e alla sinistra che sta al governo. Ma sono fischi giusti. Peraltro anch'io ho un passato di fischiatore, nell'80 e proprio alla Fiat: ma quella è un'altra storia».
Dunque gli operai hanno ragione e voi avete sbagliato? «Diciamo che non siamo riusciti a spiegare che nella Finanziaria cìè un segno giusto, di giustizia sociale. E questo anche perché si è deciso di varare una legge molto imponente, nella quale è difficile cogliere le cose positive che pure ci sono come la lotta all'evasione fiscale, la difesa degli strati più deboli, la riforma delle aliquote. È stata aggiunta troppa roba, così che tra un ticket in più e il Tfr (per la cronaca, io ho votato contro) la sensazione è che ce ne sia per tutti. Che tutti insomma devono pagare qualcosa e nessuno sente questa Finanziaria come la sua Finanziaria. Questo è sicuramente un nostro errore».
Quei fischi però non sembravano solo la contestazione di quella legge, bensì un messaggio al «governo amico». «Intanto va dato merito al sindacato di aver organizzato quelle assemblee, una buona prova di democrazia che ha fatto emergere l'enorme questione sociale del Paese. Che non si vede, che non fa notizia fino a che non diventa contestazione. Ma invece esiste e pone un problema a tutta la sinistra, politica e sindacale. Il problema è che la nostra gente ci dice che sta male: ha pochi soldi, subisce uno sfruttamento pesante, sente l'incertezza del futuro, la precarietà. E in questi mesi di governo noi non siamo riusciti a modificare la loro situazione».
Qualcuno però vi ha anche accusato di «tradimento», e ce l'aveva proprio con Fausto Bertinotti. «Guardi, girando il Paese io non ho questa percezione. Non mi pare insomma che gli operai ci giudichino traditori. Ci chiedono invece un cambio di marcia. Ci dicono: guardate da questa parte se volete cambiare il Paese».
E lei come pensa di cambiarlo? «Sulla politica economica dobbiamo assolutamente approfondire i punti che in Finanziaria sono sparsi qua e là. Significa che sulle pensioni non può esserci un aumento generalizzzato dell'età; che le risorse in più che ci arrivano dal fisco non devono assolutamente essere restituite ai redditi alti, ma usate per aumentare la spesa sociale. Più welfare insomma, che non è un costo ma un investimento. E infine, significa lotta alla precarietà: che deve diventare una carta d'identità del governo, come oggi lo è la lotta all'evasione fiscale».
Una piattaforma che non sembra in sintonia con la Fase due annunciata da Fassino e Rutelli. «La discussione ovviamente è aperta, ma io non penso che questa cosiddetta Fase due debba avere al centro le liberalizzazioni. Sarebbe drammatico se ci mettessimo a inseguire le richieste di Berlusconi».
Si preannuncia dunque un bello scontro tra le due ali della maggioranza, radicali contro riformisti? «Questo lo vedremo, io so solo che le cose che ho detto sono tutte previste nel Programma dell'Unione. Programma che non a caso gli operai di Mirafiori hanno citato più volte, dimostrando di conoscere la materia di cui si parla e richiamandoci ai nostri impegni. E' un fatto importante perché vuol dire che la nostra gente ha fatto proprio quel Programma e ci ha votato per quello. E oggi ci chiedono il conto. Pagarlo è un dovere per noi, anche per togliere l'acqua alla palude dove sguazza la demagogia e il populismo di Berlusconi».
Torniamo ai fischi: vede qualche analogia con altri episodi di contestazione dei sindacati, il ?77 all'Università di Roma, l'80 proprio alla Fiat, il ?92 con i sassi contro Trentin? «Visto che il fatto è accaduto a Torino, restiamo qui. C'è una differenza molto profonda tra i due episodi: allora lo strappo era già consumato e quei fischi sancivano la fine della partita. Oggi invece gli operai fischiano un fallo, ci ammoniscono ma ci chiedono di continuare a giocare rispettando le regole, appunto il Programma. In poche parole: sulle pensioni non fate i furbi». |