Presidente Scimia, le Borse europee sono alle prese con il "virus" dei mutui subprime americani che sembra aver contagiato banche e Fondi specializzati, dal suo osservatorio ritiene che i Fondi Pensione italiani corrano qualche rischio? «Assolutamente no. Noi siano tranquilli, avendo avviato con tempestività un monitoraggio del settore, come del resto stanno facendo Bankitalia, Consob e Isvap. Le garantisco che non ci sono rischi di contagio. Del resto la crisi è dovuta ad una bolla finanziaria speculativa, alla cartolarizzazione dei subprime americani. Noi ne siamo fuori». Milioni di lavoratori hanno destinato il Tfr ai Fondi pensione convinti di mettere i soldi al sicuro e di poter spuntare rendimenti superiori a quelli che avrebbero potuto ottenere lasciandoli in azienda. Hanno fatto bene? «Sì, hanno fatto bene. Perché i Fondi pensione non sono liberi di investire come vogliono e dove vogliono. In altre parole e per esemplificare il concettio, non possono investire in subprime, in prodotti ad alto rischio, e non possono investire in titoli che hanno al loro interno la cartolarizzazione di questi mutui. Le norme a cui sono sottoposti sono chiare: nessun investimento stile Hedge Funds o similare». Ma ci sono anche i comparti azionari "aggressivi", che promettono rendimenti più elevati.. «Certamente. I Fondi negoziali, gestiti da operatori specializzati, prevedono varie tipologie: bilanciato, obbligazionario, azionario. Questi Fondi però prima di affidare alle banche o ad altri intermediari la gestione, devono fare delle gare per ottenere le condizioni migliori. E poi sottoporre il risultato alla nostra Commissione. La Covip controlla che non vi siano investimenti in Paesi ad alto rischio o in prodotti ad alto rischio. L'indicazione, che va rispettata, è quella di privilegiare investimenti nell'area dell'Euro e in Paese dell'Ocse». Ma le turbolenze di Borsa stanno incidendo sul mercato azionario con dei riflessi anche sui Fondi pensione? «Dalle nostre analisi emerge che sono soprattutto i lavoratori giovani a puntare sui Fondi che investono nell'azionario. E questo perché nel lungo periodo è proprio il comparto azionario, al di là delle turbolenze del momento e delle crisi congiunturali, ad offrire i risultati migliori, insomma ad essere il più redditizio». Ma se il lavoratore non ha dato un'indicazione precisa sul comparto del Fondo che preferisce, ovvero se non ha scelto tra azionario e obbligazionario, che cosa succede? «Succede che il Fondo negoziale è obbligato a indirizzare quei soldi in investimenti "sicuri", cioè in grado di garantire il capitale del lavoratore più un rendimento in linea con quello che si sarebbe ottenuto lasciando i soldi in azienda, circa il 2,3%. Insomma, c'è un paracadute». Dove investono i Fondi, lei ha un quadro completo? «Sì. Le percentuali sono queste: 42% in titoli obbligazionari europei, 2% in titoli obbligazionari Usa; sul fronte azionario invece: 3% in azioni di aziende italiane, 16% in azioni dell'area euro, 8% Stati Uniti e 2% Giappone. La Covip è molta attenta, valuta con attenzione i criteri di scelta. Non abbiamo mai autorizzato, ad esempio, investimenti in Hedge Funds, quelli a più alto rendimento ma estremamente speculativi. Il nostro obiettivo, ed è per questo che la Covip non va cancellata, è tutelare i risparmiatori e i lavoratori. Perché la previdenza integrativa non deve essere a scopo speculativo, ma solo di tipo conservativo. Il nostro compito è far rispettare questo principio». |