ROMA - Conti in rosso, più in rosso del previsto. Casse vuote, treni e autostrade a rischio di blocco. La diagnosi di Tommaso Padoa-Schioppa è impietosa, il ministro dell'Economia vede nero e non lo nasconde. «Quello che appare ora è che gli strumenti di controllo del disavanzo predisposto per il 2006 creano una situazione di grave tensione, quale il rischio di chiusura di cantieri in settori importanti come Ferrovie e Anas» dichiara l'inquilino di via XX Settembre, uscendo, alle undici di sera, dal portone di Palazzo Chigi. «Situazione preoccupante» conferma Romano Prodi, che ha avviato una «ricognizione globale della situazione». Cena informale per pochi intimi alla vigilia del primo viaggio di Prodi a Bruxelles, dove, oltre a presentare il nuovo governo, il premier dovrà spiegare ai vertici dell'Unione europea quanto complessa e delicata sia la situazione dei nostri conti. Intorno alla tavola imbandita, oltre a Prodi e Padoa-Schioppa, i vicepremier Massimo D'Alema e Francesco Rutelli, il responsabile dello Sviluppo economico Pierluigi Bersani, il ministro dell'Interno Giuliano Amato e il sottosegretario alla Presidenza Enrico Letta, nel menù lo stato di salute della finanza pubblica e i piani per cavalcare la ripresa e rilanciare l'economia. Un incontro voluto da Padoa-Schioppa per presentare i primi dati, per nulla confortanti, della due diligence sui conti pubblici. «Situazione preoccupante» per il ministro dell'Economia, che nei giorni scorsi aveva detto come il rapporto deficit-pil e il saldo primario nel 2005 fossero a «livelli peggiori» del '92. «Anche se la due diligence non è ancora compiuta, la realtà è più grave di quanto ci potesse apparire in un primo momento». Al centro della cena il tema della spesa pubblica, dalla sanità alle pensioni, al pubblico impiego, per capire quanto, a legislazione fiscale invariata, possa rendere una azione più puntuale di recupero di gettito. Il ministro Bersani si è detto preoccupato per lo stato dell'economia reale e ha illustrato la «drammatica situazione» di Anas e Ferrovie dello Stato, che mancando circa otto miliardi di euro per la gestione ordinaria rischiano a settembre il blocco dei cantieri. Obiettivo dichiarato dell'incontro serale a Palazzo Chigi la ricerca di un metodo di collaborazione tra il capo dell'esecutivo, i suoi vice e gli uomini chiave dei ministeri economici anche in vista della riunione dell'Ecofin del 6 e 7 giugno, quando Padoa-Schioppa dovrà presentare al commissario europeo per gli Affari economici e monetari, Joaquín Almunia, l'azione dell'Italia per i prossimi mesi: dal Dpef alla Finanziaria. Il dilemma da risolvere è se far slittare o meno, dal 2007 al 2008, il rientro nel parametro del 3% del rapporto tra deficit e pil, una decisione strettamente legata all'esito della verifica avviata dalla commissione Faini. La decisione sugli strumenti da adottare non sarà presa prima di un mese o due, ma certo Prodi spenderà tutte le sue capacità diplomatiche e tutta la credibilità di un ex presidente della Commissione europea per convincere il successore, José Manuel Barroso, della buona volontà dell'Italia di avviare e portare a termine in tempi non biblici il risanamento dei conti. Dirà di avere ereditato una situazione pesante e chiederà tempo, il premier, offrendo in cambio le necessarie garanzie. Prodi, insomma, cercherà di aprire la strada alle proposte che porterà Padoa-Schioppa all'Eurogruppo/Ecofin, di preparare l'Europa ad aprire una via di credito al nostro Paese in vista delle trattative sui conti pubblici. La prima scadenza è il Dpef e il governo mira a un'«operazione strategica», un documento corposo e proiettato in avanti, magari addirittura quinquennale, che dia un segnale di spinta a partire dalle liberalizzazioni. Padoa-Schioppa sperava nella possibilità di un rientro nel parametro del 3% al 2007, mentre i Ds sembravano orientati a prolungare i tempi di un anno ancora. Ora, con l'allarme lanciato dal ministro, il rispetto dei tempi sembra davvero un miraggio. Se dovessero essere confermate le previsioni che vogliono il rapporto deficit-pil intorno al 4,5%, davvero il governo potrebbe trattare con Bruxelles la concessione di mesi preziosi per il rientro al 3%. Ma è chiaro che se l'Italia, che è già in procedura di infrazione, otterrà lo slittamento, l'Europa chiederà misure «più cogenti», la cui efficacia non sia troppo differita nel tempo. |