Autostrade: la Cassazione a favore del lavoratore
Rendiamo nota la la sentenza della Cassazione che ha accolto il ricorso di un
lavoratore che si era rifiutato di lavorare per manifesta “insicurezza” del
lavoro.
La decisione della Corte è di particolare rilievo per i nostri settori nella
parte in cui prevede che “il datore di lavoro deve assicurare al lavoratore
misure di sicurezza idonee a garantirgli la integrità fisica e morale
nell'adempimento della prestazione lavorativa” anche se il rischio è “di natura
extra-lavorativa”.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
SENTENZA 7 novembre 2005, n. 21479
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato in data 9 marzo 2001 Marco M. conveniva in giudizio
davanti al giudice del lavoro presso il Tribunale di Verbania la società
Autostrade Concessioni s.p.a. chiedendo che venisse dichiarata, con le
conseguenze di legge, la illegittimità del licenziamento intimatogli con lettera
del 30 novembre 2000.
A giustificazione della domanda esponeva di avere lavorato alle dipendenze della
convenuta con mansioni di esattore presso il casello di Castelletto Ticino e
che, avendo subito tra i mesi di giugno e luglio 2000 ben tre rapine a mano
armata durante il turno notturno, aveva chiesto inutilmente alla società datrice
di lavoro l'adozione di misure idonee a garantire e tutelare la sicurezza dei
lavoratori addetti al casello e, quindi, dopo avere del pari inutilmente
diffidato la società, aveva comunicato di volersi astenere dal lavoro con
diritto alla retribuzione a decorrere dal 15 ottobre 2000, ricevendo come
risposta la contestazione dell'assenza ingiustificata e l'intimazione del
licenziamento.
Con sentenza in data 19 settembre 2001 il giudice adito rigettava la domanda del
lavoratore.
Con sentenza in data 10 maggio-6 giugno 2002 la Corte d'appello di Torino
rigettava l'appello del M. osservando che ai fini della decisione della
controversia non fosse determinante accertare se le misure di sicurezza adottate
dalla società datrice di lavoro fossero pienamente idonee a garantire la
sicurezza dei lavoratori o se, invece, ne fossero individuabili altre
maggiormente efficaci, perché, anche qualora fosse stato accertato un parziale
inadempimento del datore di lavoro agli obblighi derivanti dall'art. 2087 c.c.,
il rifiuto totale della prestazione lavorativa da parte del lavoratore non
sarebbe stato comunque proporzionato al parziale inadempimento del datore di
lavoro e non sarebbe stata, perciò, applicabile la scriminante di cui all'art.
1460 c.c.
La Corte territoriale aggiungeva, altresì, che anche a volere ritenere fondato
l'addebito mosso dal lavoratore alla società Autostrade di non avere
adeguatamente provveduto a tutelare la sicurezza dei propri dipendenti per i
rischi extralavorativi in violazione dell'art. 2087 c.c., tale inadempimento non
avrebbe potuto essere considerato grave sia perché si trattava di un
inadempimento relativo a uno solo dei profili di tutela della sicurezza dei
lavoratori e sia perché non poteva essere addebitata alla società Autostrade la
totale assenza di misure di sicurezza ma, eventualmente, soltanto la mancata
adozione di misure di sicurezza più idonee e non facilmente individuabili.
Marco M. ricorre per la cassazione della sentenza della Corte d'appello di
Torino con due motivi.
La Autostrade Concessioni s.p.a. resiste con controricorso e ha presentato in
udienza memorie di replica contro le conclusioni del Procuratore Generale.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo e il secondo motivo, da esaminare congiuntamente in quanto
logicamente connessi, il ricorrente, denunziando violazione e falsa applicazione
dell'art. 2087 c.c. in relazione all'art. 1460, violazione e falsa applicazione
dell'art 1460 c.c., nonché omessa motivazione su tali punti decisivi della
controversia, deduce che soltanto in occasione delle successive rapine
verificatesi sempre alle stesso casello e in occasione delle quali l'esattore
era stato ferito con un colpo di arma da fuoco, la società si era decisa a
blindare il casello, proprio come ripetutamente o inutilmente egli aveva
auspicato.
Aggiunge che sul punto la Corte d'appello di Torino era stata carente nella
motivazione affermando che in difetto di una idonea tutela dell'incolumità del
lavoratore e dei numerosissimi episodi di rapina verificatisi, la mancata
adozione di tutte le cautele possibili potesse configurarsi come inadempimento
parziale contrapposto all'inadempimento totale del lavoratore senza considerare,
invece, che quest'ultimo non aveva potuto far altro che allontanarsi dal casello
sino al momento in cui esso non fosse stato difeso.
Rileva, ancora, il ricorrente che la Corte d'appello di Torino non aveva
correttamente valutato, ai fini della sussistenza della scriminante
dell'inadempimento di cui all'art. 1460 c.c., il principio della correttezza e
della buona fede, certamente sussistenti in capo al lavoratore, che prima di
rifiutare la prestazione lavorativa, aveva invitato ripetutamente la società ad
approntare misure di sicurezza più idonee a tutelare l'integrità fisica
dell'esattore del casello, nonché quello della successione cronologica e della
proporzionalità tra l'inadempimento della società e il rifiuto della prestazione
lavorativa, posto che l'adempimento richiesto alla società concerneva misure
idonee a tutelare l'integrità fisica del lavoratore.
Su tale punto, conclude il ricorrente, andava adeguatamente accertata la
sussistenza della gravità dell'inadempimento del datore di lavoro idonea a
giustificare l'inadempimento del prestatore di lavoro.
Invece la corte territoriale aveva ritenuto che la totale inadempienza del
lavoratore escludesse la scriminante di cui al citato art. 1460 omettendo, in
tal modo, di motivare sulla gravità dell'inadempimento della società, attinente
alla integrità fisica del lavoratore e idonea, perciò, a giustificare
l'inadempimento di quest'ultimo.
Il ricorso è fondato.
Nei contratti a prestazioni corrispettive, quando una delle parti giustifica il
proprio inadempimento con l'inadempimento dell'altra, occorre procedere alla
valutazione comparativa del comportamento dei contraenti non soltanto in
riferimento all'elemento cronologico delle rispettive inadempienze, ma anche in
relazione ai rapporti di causalità e di proporzionalità di tali inadempienze
rispetto alla funzione economico-sociale del contratto al fine di stabilire se
effettivamente il comportamento di una parte giustifichi il rifiuto dell'altra
di eseguire la prestazione dovuta, tenendo presente che va, in primo luogo,
accertata la sussistenza della gravità dell'inadempimento cronologicamente
anteriore, perché quando questo non è grave, il rifiuto dell'altra parte di
adempiere non è di buona fede e, quindi, non è giustificato (v. pronunce di
questa Corte 4743/1998; 10668/1999; 699/2000; 8880/2000 ecc.). Va inoltre,
aggiunto che il requisito della buona fede previsto dall'art. 1460 c.c. per la
proposizione dell'eccezione inadimplenti non est adimplendum sussiste quando,
nella comparazione tra inadempimento cronologicamente anteriore e prestazione
corrispettiva rifiutata, il rifiuto sia stato determinato non solo da un
inadempimento grave, ma anche da motivi corrispondenti agli obblighi di
correttezza che l'art. 1175 c.c. impone alle parti in relazione alla natura del
contratto e alle finalità da questo perseguite (v. pronuncia di questa Corte
4743/1998).
In particolare con riferimento al contratto di lavoro l'ipotesi del sopravvenuto
venir meno in modo totale o parziale della prestazione lavorativa tale da
giustificare il licenziamento ex art. 18 l . 300/1970 per giusta causa o per
giustificato motivo ai sensi dell'art. 3 l . 604/1996 non è ravvisabile se il
mancato o non completo adempimento del lavoratore trova giustificazione nella
mancata adozione da parte di datore di lavoro delle misure di sicurezza che, pur
in mancanza di norme specifiche, il datore è tenuto ad osservare a tutela
dell'integrità fisica e psichica del prestatore di lavoro e se quest'ultimo
prima dell'inadempimento secondo gli obblighi di correttezza informa il datore
di lavoro circa le misure necessarie da adottare a tutela dell'integrità fisica
e psichica del lavoratore, sempre che tale necessità sia evidente o, comunque,
accertabile o accertata.
Ciò premesso, va, intanto, osservato che è erronea l'affermazione della corte
territoriale, secondo la quale l'obbligo del datore di lavoro di assicurare al
lavoratore misure di sicurezza idonee a garantirgli la integrità fisica e morale
nell'adempimento della prestazione lavorativa avrebbe avuto ad oggetto un
rischio di natura extra-lavorativa.
Il rischio denunciato dal lavoratore, invece, era lavorativo, posto che trovava
occasione nell'adempimento della sua prestazione.
Pertanto, al fine di stabilire quale sia l'inadempimento colpevole e quale
quello incolpevole occorre procedere necessariamente a una comparazione tra
l'inadempimento cronologicamente anteriore e quello cronologicamente successivo
al fine di valutare la gravità del primo, in relazione alla funzione
socio-economica del contratto, come conseguenza giustificata o giustificabile
dell'inadempimento del secondo.
Tale giudizio di prevalenza o di equivalenza tra i due contrapposti
inadempimenti contrattuali costituisce un accertamento di fatto, in quanto tale
non sindacabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione esauriente e
immune da vizi logici e giuridici.
Nella specie, invece, la Corte d'appello di Torino ha esaminato la comparazione
delle inadempienze in base al criterio quantitativo e non già a quello
qualitativo ossia ha comparato i due contrapposti inadempimenti non già in
riferimento alla loro natura e gravità, bensì alla totale o parziale mancata
esecuzione delle fondamentali prestazioni corrispettive del contratto di lavoro.
In riferimento alla scriminante di cui all'art. 1460 c.c. andava invece valutata
la natura della complessiva obbligazione incombente sul datore di lavoro e
comprendente anche l'obbligo di adozione di tutte le misure di sicurezza idonee
ad assicurare la tutela dell'integrità fisica del lavoratore in relazione
all'organizzazione dell'azienda.
Una volta accertata l'inosservanza di tale obbligo di adozione delle misure di
sicurezza, avrebbe dovuto esser cura del giudice di merito accertare, a sua
volta, previo libero apprezzamento delle risultanze di tutte le circostanze
evidenziate dai testi o da ritenere acquisibili al processo se non come fatti
notori (successive rapine allo stesso casello in occasione delle quali sono
stati feriti esattori ivi addetti e successiva adozione delle misure di
sicurezza già richieste dal M.) quanto meno se e come fatti non contestati, se
fosse stata o no giustificata secondo correttezza e buona fede la risposta di
inadempimento del lavoratore.
Pertanto, in accoglimento del proposto ricorso, la sentenza impugnata va cassata
con rinvio, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d'appello di
Genova, la quale si uniformerà, nella definizione della controversia, ai
principi di diritto sopra sottolineati e sorreggerà la decisione con motivazione
esauriente e immune dai vizi logici e giuridici in cui è incorsa la Corte
d'appello di Torino e sopra evidenziati.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le
spese del presente giudizio, alla Corte d'appello di Genova.